Non profit

«Bene il lavoro comune, ma il nodo è l’Agenzia»

Parla Alfredo Mantica, senatore di An

di Emanuela Citterio

Tempi per la nuova legge? Almeno due anni. Se il futuro ministro ci metterà la faccia. Come ha fatto D?Alema

Senatore Mantica, in caso di vittoria del centrodestra sarà lei il viceministro con delega alla cooperazione internazionale? «Non nascondo che mi piacerebbe. Ho speso una vita a occuparmi di questi temi e di un continente che mi appassiona, l?Africa».

Vita: Con la fine della legislatura la riforma della legge 49 ha subito uno stop. Qual è il programma del centrodestra?
Alfredo Mantica: Di sicuro il lavoro fatto in commissione Esteri del Senato sarà la base da cui ripartire. Sono stati individuati alcuni punti qualificanti: il viceministro per la cooperazione, un fondo unico cui far affluire tutte le risorse oggi divise fra Mae e Mef, un piano di programmazione triennale e un sistema di contabilità speciale.

Vita: Tempi per arrivare a una nuova legge?
Mantica: Due anni, se tutto andrà bene. In Senato dovrebbero bastare otto mesi. La vera incognita è la Camera. Dipenderà anche dal ministro degli Esteri: ci vuole uno che ci metta la faccia. Massimo D?Alema, devo riconoscerlo, l?ha fatto.

Vita: Agenzia per la cooperazione: sì o no?
Mantica: In tutta onestà, questo bisogno drammatico dell?agenzia non lo sento, ma siamo arrivati a un compromesso: dovrà essere uno strumento agile e snello, tecnico-operativo. Godrà di una contabilità speciale sul modello della protezione civile, con meccanismi più veloci di finanziamento. La immagino diretta da un alto funzionario con contratto a tempo, un tecnico. Gli indirizzi politici però sono di competenza del governo. Anche nei Paesi destinatari dell?aiuto, le unità tecniche locali dovranno dipendere dalle ambasciate per quanto riguarda gli indirizzi politici.

Vita: Nel 2007 l?Italia ha destinato 3 miliardi all?aiuto allo sviluppo. Alle ong sono andati 70 milioni: il resto?
Mantica: Il problema è che i fondi gestiti dal ministero degli Esteri sono a malapena un quarto del totale, circa 700 milioni. È vero che alle ong va poco, ma certi contributi, come quello alla Commissione europea sono inevitabili; poi ci sono i fondi destinati alle istituzioni internazionali. Se si arrivasse allo 0,51% del Pil nel 2010 come previsto, aumenterebbero anche i fondi per le ong. In Italia del resto abbiamo 180 ong: favorire la concentrazione è una necessità.

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